Il dipinto rappresenta l’omicidio del politico e giornalista di origine svizzera Jean-Paul Marat per mano di Charlotte Corday, una giovane sostenitrice girondina della città di Caen. Considerando Marat il responsabile del Terrore, decise di ucciderlo. Così, inviò a Marat una lettera di supplica grazie alla quale fu ricevuta dall’uomo di Stato. Il 13 luglio 1793, durante il colloquio, dopo aver scambiato poche parole, la giovane colpì l’uomo al petto con un coltello. Marat ricevette la donna immerso in una tinozza a causa di una grave malattia della pelle che lo costringeva a bagni terapeutici.
Nella grande tela che sviluppa la scena in verticale, Marat è ancora immerso nell’acqua calda della vasca, coperta da un grande lenzuolo bianco rattoppato (all’epoca non si usava il contatto diretto con il marmo o il bronzo delle vasche da bagno). Sotto la sua clavicola destra, si apre la netta ferita della pugnalata, il cui sangue ha tinto l’acqua di rosso.
Nella mano sinistra, Marat tiene ancora la lettera dell’assassina, atto di accusa della sua infamia; vi si legge, in francese: «13 luglio 1793. Marie Anne Charlotte Corday al cittadino Marat. Basta che io sia tanto infelice per aver diritto alla vostra benevolenza».
La mano destra di Marat, abbandonata verso il pavimento, regge debolmente la penna con cui l’uomo stava scrivendo. Il suo volto, appoggiato sul bordo della vasca, incorniciato da un asciugamano avvolto come un turbante, è sereno e disteso, come di chi è morto nel consapevole svolgimento del proprio dovere.
A terra, si scorge, abbandonata, anche l’arma del delitto, insanguinata. Ecco, quindi, il confronto diretto fra le due armi: quella nobilissima del politico, un letterato che faceva uso della parola, e quella infame dell’assassina, la cui pochezza la spinge a fare uso della violenza.
In primo piano, si trova una semplice cassetta d’imballaggio di legno grezzo, usata come piano di appoggio, giacché Marat, un “puro”, un “giusto”, aveva scelto di vivere in povertà. Su questa cassetta, il pittore incise, idealmente, a stampatello la sua dedica: «À MARAT, DAVID. L’AN DEUX» (“A Marat, David. L’anno secondo”). L’effetto ottenuto è insieme intimo e monumentale.