Il quarto stato

Il quarto stato è un dipinto a olio su tela (293×545 cm) del pittore italiano Giuseppe Pellizza da Volpedo, realizzato dal 1898 al 1901 e conservato al Museo del Novecento di Milano.

Pellizza incominciò a lavorare a un bozzetto degli Ambasciatori della fame nel 1891, dopo aver assistito a una manifestazione di protesta di un gruppo di operai. L'artista rimase molto impressionato dalla scena, tanto che annotò nel suo diario:

L'abbozzo venne completato nell'aprile del 1894. Il soggetto è una rivolta operaia nella piazza Malaspina a Volpedo, in provincia di Alessandria, con tre soggetti posti davanti alla folla in protesta: la scena è vista dall'alto, e le figure sono distribuite su linee ortogonali. Nonostante la composizione ancora «embrionale» dell'opera, com'ebbe ad affermare lo stesso artista più tardi, si imposta già come caposaldo per le successive redazioni dell'opera.

Pellizza, prima di dipingere la grande tela del Quarto stato, decise nell'agosto 1895 di realizzarne uno studio in olio preliminare: questa redazione rappresenta di fatto un punto di rottura con gli antecedenti. Rispetto ai bozzetti precedenti, la massa di gente qui è vastissima, tale da formare una vera e propria fiumana umana; cambia anche la gamma luminosa, stavolta giocata con l'utilizzo di  contrasti dal giallo al rosso, con dominanti sulfuree nelle figure e su toni dal blu al verde nello sfondo, dove il cielo è di forte intensità blu azzurrata e verdi delle piante si riflettono nel terreno.

Insoddisfatto del risultato tecnico-artistico, ma soprattutto alla luce del brutale massacro di Bava-Beccaris a Milano, Pellizza decise nel 1898 di riprendere per la terza volta il lavoro sul «più grande manifesto che il proletariato italiano possa vantare fra l'Otto e il Novecento».

La stesura del Cammino dei lavoratori richiese tre anni. Pellizza poté posare il pennello solo nel 1901 quando, a opera completa, decise di darle un nuovo titolo: Il quarto stato, in riferimento al Quarto Stato.

Il quarto stato raffigura un gruppo di braccianti che marcia in segno di protesta in una piazza, presumibilmente quella Malaspina di Volpedo. L'avanzare del corteo non è violento, bensì lento e sicuro, a suggerire un'inevitabile sensazione di vittoria: era proprio nelle intenzioni del Pellizza dare vita a «una massa di popolo, di lavoratori della terra, i quali intelligenti, forti, robusti, uniti, s'avanzano come fiumana travolgente ogni ostacolo che si frappone per raggiungere luogo ov'ella trova equilibrio». Assai pregnante è anche il significato del dipinto, che si discosta da quello dei precedenti Ambasciatori della fame e Fiumana: mentre prima Pellizza voleva solo disegnare una manifestazione di strada, come già avvenuto con altre opere coeve (tra cui La piazza Caricamento a Genova di Nomellini e L'oratore di sciopero di Longoni), ora intende celebrare l'imporsi della classe operaia, il «quarto stato» per l'appunto, a fianco del ceto borghese.

In primo piano, davanti alla folla in protesta, sono definiti tre soggetti, due uomini e una donna con un bambino in braccio. La donna, che Pellizza plasmò sulle fattezze della moglie Teresa, è a piedi nudi, e invita con un eloquente gesto i manifestanti a seguirla: la sensazione di movimento trova espressione nelle numerose pieghe della sua veste. Alla sua destra procede quello che probabilmente è il protagonista della scena, un «uomo sui 35, fiero, intelligente, lavoratore» (come affermò lo stesso Pellizza) che, con una mano nella cintola dei pantaloni e l'altra che regge la giacca appoggiata sulla spalla, procede con disinvoltura, forte della compattezza del corteo. Alla sua destra vi è un altro uomo che avanza muto, pensoso, con la giacca fatta cadere sulla spalla sinistra.

La quinta costituita dal resto dei manifestanti si dispone sul piano frontale: quest'ultimi rivolgono lo sguardo in più direzioni, suggerendo di avere il pieno controllo della situazione. Tutti i contadini compiono gesti molto naturali: di questi, taluni reggono bambini in braccio, altri appoggiano la mano sugli occhi per ripararli dal sole, e altri ancora, semplicemente, guardano diritti davanti a loro.

Le figure dei contadini sono disposte orizzontalmente, secondo i dettami della composizione paratattica: questa soluzione compositiva, se da un lato ricorda il classicismo del fregio, dall'altra evoca brutalmente una situazione molto realistica, quale può essere - per esempio - una manifestazione di strada. È in questo modo che Pellizza fonde armoniosamente i «valori riferiti all'antica civiltà classica alla moderna consapevolezza dei propri diritti civili»; questo connubio si manifesta anche nelle reminiscenze rinascimentali dell'opera, che si ispira nell'espressività delle figure direttamente a capolavori quali la Scuola di Atene di Raffaello e l'Ultima Cena di Leonardo da Vinci.